Gli Avvocati italiani sono di fronte a un processo rivoluzionario. Il Processo Civile Telematico (PCT). La segretaria o l’impresa di servizi — o l’Avvocato in proprio o un praticante — che andava a depositare gli atti in Tribunale, fare le copie, ritirare gli atti, vedere se la sentenza è stata emessa viene via via rimpiazzata da un servizio telematico che funziona via Internet. Persino l’ufficiale giudiziario non farà più le notifiche in studio. Ma pochi sanno veramente come tutto questo funziona o funzionerà. A cominciare dalla domanda “ma cos’è questo polisweb“? Ecco come potrei spiegarlo io a un collega che me lo chiede.

Il Processo Civile Telematico (PCT) non è un’invenzione recente. Sarebbe dovuto entrare in vigore almeno dieci anni fa, ma si è fatta tale e tanta confusione che come la tela di Penelope il PCT è stato fatto e rifatto più di una volta. Ricordate il “redattore”? Qualche buontempone aveva deciso che gli atti andavano scritti direttmente in XML tramite un programma, che ovviamente richiedeva di appoggiarsi a un famoso Word processor (togliete “processor” e avete il nome). Follia! Qualche anno fa si è pensato finalmente di usare gli standard, e dunque si è scelto di avere un atto scritto tramite un formato standard, il PDF, imbustato in un insieme di oggetti firmati con la firma elettronica qualificata e con pochi dati in XML che identificano atti e allegati depositati o notificati.

Ma prima dei depositi, la sperimentazione è partita con la possibilità di accedere ai dati delle cause, e qui è entrato in gioco il Polisweb. Il Polisweb non è nient’altro che una copia dei dati presenti nelle Cancellerie di ciascun Tribunale o Corte d’Appello. La sincronizzazione dei dati avviene una volta ogni tanto, dunque il servizio è asincrono. In altre parole, si accede a una replica. Questa replica è effettuata da una struttura informatica, il Punto di Accesso (PdA). Per noi avvocati di Milano che abbiamo iniziato la sperimentazione anni fa (io mi sono registrato nel 2007) questo era gestito dall’Ordine. Ovviamente l’Ordine di Milano si affidava a una società esterna, in accordo con il Ministero.

Per quanto riguarda i depositi, invece, la storia è un po’ più complicata, perché il PdA non è sufficiente. Occorre un attrezzo che raccolga le informazioni (ruolo della causa, tipo di atto, parti, Avvocato depositante, eccetera) produca un file XML valido e ben formato, faccia firmare il tutto e provveda a creare l’oggetto che viene poi inviato, tramite un servizio apposito del PdA, alla Cancelleria, la quale lo riceve e lo valida. Questo attrezzo si chiama Consolle. La consolle è un imbustatore, prende i contenuti (rimanendo agnostica circa il loro contenuto) e crea la busta XML, nonché un sistema di firma, grazie alla possibilità di manovrare o una smartcard o una business key (“dispositivo di firma”).

Il dispositivo di firma è anche un dispositivo di identificazione: è infatti richiesto per accedere al PdA. Per essere utilizzabile deve rispondere alle caratteristiche previste dalla Carta Nazionale dei Servizi (CNS). A proposito: è vietato dare il proprio dispositivo di firma ad altri (siano essi commercialisti o segretarie!).

Ma dove sta fisicamente il Polisweb? Fisicamente non lo so, probabilmente è nel datacenter del fornitore del Ministero o dell’Ordine o quant’altri. Quello che è importante è che ciò che vediamo nel Polisweb via web è un servizio realizzato dal PdA. E di PdA ce ne sono molti. C’è quello dell’Ordine (che è quello di un privato che ha vinto una gara dell’Ordine, anche se non ho sentito di gare pubbliche, ma questa è ignoranza mia). C’è quello del Consiglio Nazionale Forense. E poi ce ne sono alcuni di operatori privati (gli stessi che fanno il servizio per gli ordini e per il CNF, più altri). Tutti sono ugualmente validi. Attualmente per un avvocato è possibile iscriversi a uno soltanto di essi. Perché? Per una questione di notifiche.

A un certo punto, quando un buon numero di avvocati sono iscritti al PCT,  cessa la fase di sperimentazione e si attivano due ulteriori fasi:  le comunicazioni di cancelleria unicamente in formato elettronico e i servizi sincroni.

Noi non ce ne rendiamo conto, ma quando ci iscriviamo al PdA, ci viene assegnata una particolare PEC. Non la possiamo utilizzare per niente, non conosciamo nemmeno il suo indirizzo. Questa PEC è particolare, serve solo a ricevere le comunicazioni sul PdA. È lì che la Cancelleria ci comunica gli eventi notificati per i processi in cui risultiamo iscritti come Avvocati. Noi vediamo il risultato attraverso un’interfaccia web, ma questa è solo una forma di visualizzazione (e di registrazione della visualizzazione) di un messaggio finito nella nostra casella. Anche i depositi, in realtà, vengono fatti con lo stesso metodo, solo al contrario. Questa è la ragione per cui possiamo avere un solo PdA per volta, perché al PdA è associata univocamente la nostra PEC, la quale è il nostro domicilio elettronico eletto per le cause.

Ma come, direte voi, non c’è una legge che ha modificato il Codice di Procedura Civile che ci impone di comunicare un numero di fax o di PEC (in realtà non dice esattamente così) a cui si consente le comunicazioni del processo? Questo è il risultato di una normativa che si è affastellata nel tempo, ma è tutto inutile. Però, come detto, la situazione cambierà tra poco (questione di pochi mesi a quando scrivo). Le nuove regole tecniche infatti prevedono che nel nuovo regime le comunicazioni e le notificazioni, anche quelle dirette tra Avvocati, avverranno non tramite la PEC del PdA, ma tramite la PEC che — vi ricordate? — abbiamo comunicato qualche mese fa al nostro Ordine. Perché l’abbiamo fatto, vero? Non sono stato solo io a farlo in tempo, giusto? Quello sarà il nostro recapito. Uno e uno solo. Potrà essere cambiato, ma non a piacere, in futuro, ma tendenzialmente questo è svincolato dal PdA a cui siamo iscritti. Per questo la norma che prevedeva l’unicità dell’iscrizione al PdA è venuta meno nelle nuove regole. Si potrà essere iscritti a uno o più PdA a piacere.

La stessa PEC verrà anche utilizzata, udite udite, per depositare gli atti in Tribunale (ovviamente il deposito dovrà avere le stesse caratteristiche di validazione e firma che ha oggi), addirittura per iscrivere le cause a ruolo e per comunicare il pagamento dei contributi unificati eccetera.

Perché questo il PdA sarà veramente solo un “punto di accesso”, per la consultazione, non corrisponderà più a un indirizzo di PEC, a un recapito, a un domicilio.

La consultazione. Questo è l’ultimo punto. Prima parlavo di servizi “asincroni”. Questo è il vecchio Polisweb. Il nuovo servizio è fatto in modo diverso: anziché fare un’interrogazione a un database replicato (dunque con dati vecchi fino a 24 ore, di più se l’ultima sincronizzazione non è andata a buon fine), il PdA fa una semplice interrogazione tramite un linguaggio standard, ovvero tramite i “webservice“. I webservice sono interfacce esposte dal sistema delle cancellerie, che rispondono solo alle interrogazioni dei PdA autorizzati. I PdA fanno solo alcune cose:

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  • controllano che chi accede (Avvocato, CTU, normale cittadino con le nuove regole) sia colui che dice di essere, e
  • interpretano la richiesta e la trasformano in una richiesta webservice aggiungendo alcune informazioni tipo “questo è un avvocato ed è l’Avvocato X”, o “questo è un CTU ed è il Sig. Y” , o (presto) “questo è il cittadino che ha il seguente codice fiscale” eccetera.
  • inviano la richiesta secondo un flusso predeterminato e standard
  • ricevono la risposta e la trasformano
  • presentano alcune o tutte le informazioni ricevute formattandole in modo intelleggibile o all’utente (ad esempio via interfaccia web) o a un programma (ad esempio un gestionale di studio).
  • Quello che vediamo è ciò che risulta in quel momento nella Cancelleria stessa (da cui l’appellativo “sincrono”).

    Sembra complicato. E lo è, ma contemporaneamente non lo è poi tanto. Sicuramente non è magia. Il pregio di questa architettura è che — almeno in teoria — non vi è un unico punto di fallimento (POF), tranne i servizi della Cancelleria, ovvero i server nei singoli Tribunali. In ogni caso, permangono ancora le interrogazioni asincrone, almeno così mi è dato sapere. Tutto ciò si traduce in concorrenza. Sì, perché i servizi dell’Ordine (in realtà del fornitore che l’Ordine ha scelto con procedura pubblica) sono in concorrenza con quelli dei privati, anche se quelli dell’Ordine (diretti solo agli iscritti) sono gratis, o meglio, sono pagati con i contributi di iscrizione di tutti, compresi gli Avvocati che non hanno processi civili e compresi quelli che hanno deciso di prendere un PdA diverso, come è loro diritto e prerogativa fare.

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