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Introduzione

Il 29 Giugno 2007 è stata pubblicata la terza versione della GNU GPL, la licenza “principe” del Software Libero – o Open Source. La nuova versione segue a quasi sedici anni di distanza la precedente versione. Perché questo evento era atteso con trepidazione – da qualcuno con ansia e qual è l’importanza di una licenza? Quali sono le conseguenze che l’approvazione di una licenza possono portare?

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Perché una licenza?

Il Software, lo sappiamo, è opera dell’ingegno. È un prodotto intellettuale protetto da un sistema di tutele che alcuni chiamano “diritto d’autore”, altri “copyright”. Per comodità useremo la dizione inglese. Il copyright è nato per tutelare le opere delle arti letterarie, musicali e figurative. Esso riserva al titolare una serie di diritti esclusivi, con sanzioni – anche penali – in caso di violazione. Tra i diritti esclusivi il principale (da cui il nome) è il diritto di trarre copie, ma vi sono anche i diritti di approvare ogni modifica, di operare traduzioni, di trarre opere derivate. La protezione del copyright è stata estesa, con alcuni adattamenti, al software. Uno dei vantaggi di avere una protezione di questo tipo, e non altre, è quello che il sistema è tendenzialmente uniformato a livello mondiale da alcune convenzioni, la principale delle quali è la Convenzione di Berna.

Il Software Libero e in particolare la sua variante denominata “copyleft” sfruttano il copyright per assicurare che le opere dell’ingegno rilasciate con tale modalità assicurino a chiunque (almeno) le quattro libertà fondamentali (di usare, studiare, distribuire e migliorare il software) all’opera stessa (software libero in genere) e in alcuni casi a ogni altra opera che si basi su di essa, ovvero “derivata” (copyleft).

Lo fanno – e qui entriamo in tema – utilizzando uno strumento che si chiama “licenza”. La licenza non è nient’altro che un permesso accordato a un’altra persona di fare determinate cose con l’opera. Normalmente la licenza è implicita nell’acquisto di una copia dell’opera (e quindi anche del software, al quale ci riferiremo esclusivamente d’ora in poi) e dà diritto ad usare una copia, oltre che altri effetti, come quello di estrarre una copia per backup o di decompilare il codice oggetto per assicurare l’interoperabilità: si tratta della licenza per l’utente finale. Le licenze di Software Libero sono una dichiarazione pubblica, impressa su ogni copia del software, la quale attribuisce a chiunque i diritti stabiliti, alle condizioni previste. Senza licenza di Software Libero, quest’ultimo non esisterebbe: il Software Libero (o open source) è un fenomeno giuridico!

Di licenze ce ne sono tante, troppe. Le più importanti sono quelle concepite da Richard Stallman e promosse dalla Free Software Foundation: la GNU GPL e la GNU LGPL

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Un po' di storia

La storia – si spera – è conosciuta. Stallman decide di creare dalle fondamenta un sistema operativo, lo concepisce come una variante di Unix e lo chiamo GNU (GNU’s Not Unix). Questo sistema operativo serve a consentire le quattro libertà del software sin dalle basi, e necessita che nessuno se ne “appropri” come era avvenuto per UNIX, nato in ambito universitario e poi trasformato in una miriade di versioni proprietarie e reciprocamente incompatibili. Serve una licenza che abbia le caratteristiche del copyleft, nascono le licenze pubbliche per GNU, dunque la GNU General Public License (GNU GPL) e la versione Library: GNU LGPL (ora chiamata “Lesser”). Useremo collettivamente il termine GPL per entrambe.

Nessuno è obbligato a utilizzare una particolare licenza, ciascuno è libero di inventarne una propria. Il fatto di avere una licenza di riferimento è però importante per molte ragioni, tra le quali evitare incompatibilità legali (mescolare software soggetto a disparate licenze per farne uno solo può portare a violare il copyright sull’una o sull’altra parte), avere un minimo di certezza e di solidità derivanti dall’esperienza (compresa quella fatta in tribunale) e dallo studio accurato da parte di legali esperti nel ramo. La GPL ha acquistato in breve una massa critica e una solidità data anche dall’autorevolezza dei suoi autori tale da essere di gran lunga la licenza più popolare al mondo. La Free Software Foundation dunque ha un grande potere nel decidere la formulazione della GPL nelle sue versioni, perché è verosimile che la maggior parte dei progetti seguano tale “migrazione”, alcuni per previsione espressa al momento del rilascio (grazie alla previsione “o ogni successiva versione”).

Da un grande potere nasce una grande responsabilità. Questa massima che molti, anche nel campo del software, dimenticano facilmente – e non faccio nomi – ha indotto una certa prudenza nell’introdurre modifiche nella versione corrente della GPL, tanto che essa è diventata decisamente obsoleta. Tempo era dunque che venisse modificata.

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Ragioni per cambiare

Un fenomeno così di successo come la GPL fa sì che è difficile pensare di migliorarlo, ma con gli anni sono nati fenomeni nuovi, in campo legale e tecnico, tali da rendere necessaria una nuova protezione legale.

Quando la GPL è nata, tra l’altro:

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  • non esistevano i brevetti software
    
  • non esisteva un problema di DRM (la cosiddetta TiVoization)
    
  • Internet non era uno strumento diffuso come lo è adesso
    
  • non esisteva il “software come servizio”
    
  • il software era sostanzialmente su computer che spaziavano dal PC al mainframe, mentre recentemente il software si è infilato ovunque ed è diventato altamente “distribuito”.
    
  • Ognuna di tali ragioni è sufficiente per giustificare un intervento radicale. Recentemente, poi, alcuni accordi tra produttori di sistemi operativi proprietari e assemblatori di distribuzioni di GNU/Linux hanno reso non irreale il rischio di una biforcazione del sistema operativo libero in una versione “commerciale” (ovvero proprietarizzata dai brevetti) e una libera (o lasciata a chi vuol correre il rischio di subire sanzioni o fortemente limitata nell’interoperabilità con tutto quello che c’è in giro).

    Di Software Libero, soprattutto software soggetto a GPL, ce n’è in giro tantissimo, usato – non sempre nel pieno rispetto dei diritti legali dell’autore – in centinaia, migliaia di applicazioni. La forza del Software Libero è tale che l’adozione di una licenza più aggiornata è in grado di incidere su molti fronti, compreso quello dei brevetti software e dei DRM.

    Da ultimo, la GPL è nata nel sistema di copyright USA. Utilizza(va) concetti tipici del sistema legale statunitense, anche se ancora di recente è stata con successo difesa in tribunale anche in Europa (soprattutto in Germania). Necessitava di interventi per renderla meno a immagine e somiglianza del sistema di provenienza e più maneggevole in tutti gli ordinamenti mondiali.

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    La procedura

    La GPL è un po' la “costituzione” del Software Libero: oltre che una licenza è anche un manifesto e un programma. Le costituzioni sono generalmente “ottriate” (rilasciate graziosamente dal sovrano) oppure ottenute in modo democratico con il consenso. La GPL versione 2 e stata sostanzialmente “ottriata”, ma siccome qui nessuno è re, si è deciso che la versione 3 nascesse con il consenso più ampio possibile. Si badi bene: non solo quello degli sviluppatori, ma di tutto il mondo del software in genere, compresi gli utilizzatori industriali in campi del tutto diversi, come quelli dell’hardware, dei dispositivi portatili, delle opere multimediali.

    La discussione si è svolta a partire da una bozza studiata da Richard Stallman ed Eben Moglen. La proposta è stata pubblicata e si sono insediate commissioni di studio dedicate alle varie tematiche. E' stato persino concepito un sistema di scrittura collaborativa in cui chiunque era autorizzato a commentare una qualsiasi parte del testo e a suggerire modifiche, in ogni ordine di granularità: dall’approccio filosofico sino alla singola virgola, al plurale piuttosto che al singolare. In parallelo si sono colloqui riservati a ogni livello con i più rilevanti “stakeholders”, ovvero coloro i cui interessi potevano essere maggiormente intaccati dalle decisioni prese, e che hanno dunque avuto particolare attenzione a quello che andava succedendo.

    Ovviamente alla fine il consenso assoluto non è possibile, ed è stata necessaria una mediazione. Da una mediazione ciascuno è mediamente insoddisfatto. Alcuni ritengono che la versione definitiva sia stata troppo radicale, altri, forse anche Stallman, ritengono che la versione finale sia un poco annacquata. A naso ritengo dunque che si è trovata una soluzione dignitosa.

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    Il risultato

    Il prodotto è finito. Cosa contiene?

    La minaccia più costante al Software Libero (e a tutto il software in genere) sono i brevetti software. A differenza del copyright, non è necessario “copiare” per avere una contraffazione. Due persone possono lavorare per anni alla stessa idea, investire denaro e poi solo il primo che ottiene un brevetto la può sfruttare, impedendo al secondo di farlo o pretendendo un pagamento per ogni prodotto che contenga tale idea. Più il livello innovativo richiesto per ottenere il brevetto è basso, più brevetti vengono concessi (e più diritti incassano gli uffici brevetti). Più brevetti ci sono in giro, più possibilità ci sono che involontariamente li si infrangano.

    La pratica di brevettare il software “in quanto tale” è deleteria (e probabilmente illegale, ma questa è un’altra questione). I brevetti software non apportano nulla allo stato dell’arte, sono semplicemente dei segnaposto su una particolare soluzione, quando non semplicemente sul problema. Spesso tutto ciò è poco o nulla innovativo – dunque il brevetto è nullo –, ma accertarlo in un giudizio costa molto e nel frattempo si rischiano sequestri, inibitorie e sanzioni (anche penali), perché vi è una presunzione di validità del brevetto. Un programma software contiene normalmente centinaia di “idee” che possono essere soggette a uno delle migliaia di brevetti nel mondo: evitarli o anche semplicemente conoscerli tutti è semplicemente impossibile. Per il titolare di un brevetto, invece, è relativamente semplice sapere se un programma di Software Libero contiene un’idea brevettata, potendo accedere al codice sorgente.

    Uno sviluppatore potrebbe inoltre ricevere una speciale e personale esenzione, modificare il software libero e renderlo proprietario non usando il copyright, ma sfruttando il brevetto. Un altro, anche l’autore originale, non potrebbe usare il codice modificato, il che è evidentemente contrario allo spirito del Software Libero. La GPL v.3 rafforza la protezione che esisteva nella versione 2 e che proibiva di sfruttare un tale trucco, rendendo esplicita la necessità che la protezione del brevetto ottenuta sia “propagata” a tutti gli utilizzatori e sviluppatori di quel software, tramite una licenza espressa (clausola 11).

    Un’altra situazione che si è proposta è la “TiVoizazione”, dal nome di un popolare apparecchio videoregistratore molto popolare negli USA, che contiene software GPL. Come da licenza chiunque può ricevere e modificare il codice adattato per il TiVo, ma non disponendo della chiave di cifratura, il codice compilato semplicemente non funziona sull’apparecchio in questione, dunque è inutile provare a modificarlo. Ogni modifica, anche irrilevante e “legale” del software è preclusa. Anche questa pratica è contraria allo spirito della GPL, perché impedisce di fatto alcune delle libertà (di modifica, di esecuzione). Più in generale l’uso dei DRM (Digital Rights Management, o Digital Restriction Management, secondo alcuni) nel software impedisce il dispiegarsi delle libertà, anche perché una norma “anti pirateria” rende illegale ogni attività diretta a rimuovere dispositivi tecnologici di protezione, o rendere disponibili strumenti a tal fine. La nuova versione della GPL adotta una soluzione bilanciata: non impedisce di installare DRM, ma allo stesso tempo esclude la proibizione di “aggirare” le misure di protezione. Chi usa codice GPL v.3 non può dunque usare la norma “anti pirateria” per impedire di rimuovere i DRM da software soggetto a tale licenza. La lotta sui DRM è stata una delle più accese, per evidenti ragioni e molte voci si sono levate per ottenere la proibizione totale.

    Come detto innanzi, è stata operata una scelta di internazionalizzazione della licenza, nel senso di renderla praticabile senza adattamenti (o traduzioni) nel massimo numero possibile di giurisdizioni. Ad esempio si è sostituito il verbo “distribute” (distribuire) con “convey” (veicolare, propagare) per indicare l’attività a seguito della quale si è soggetti ad alcuni degli obblighi previsti, come quello di fornire il codice sorgente.

    Un’altra novità è stata una certa “liberalizzazione” delle licenze. Ora ciascuno è libero di inserire maggiori libertà al software rilasciato sotto GPL, aggiungendo ulteriori dichiarazioni in tal senso, salvo il diritto di chiunque di rimuoverle (e di ripristinare il testo originale della licenza) nella versione modificata successivamente. La LGPL (la versione per le “librerie”, che rende possibile l’uso di codice in prodotti derivati non liberi, attenuando l’effetto “copyleft”) diventa una specie di libertà addizionale alla GPL, che può essere successivamente rimossa (cosa che era già possibile a partire dalla LGPL v.2.1, che poteva essere trasformata in GPL).

    Infine, si sta lavorando a una particolare versione destinata al software utilizzato nei servizi via web (software come servizio), ovvero a quel software che non si installa sulle proprie macchine, ma che si utilizza tramite un’interfaccia web attraverso un servizio messo a disposizione da un terzo. La licenza riprende la versione “Affero” e si chiamerà “Affero GPL”. Tale licenza ha alcune restrizioni rispetto alla GPL, come quella che impedisce di rimuovere le indicazioni visibili di soggezione alla GPL del codice utilizzato. Tale restrizione, contraria a una delle libertà fondamentali, è giustificata dal fatto che – tecnicamente – non vi è una “distribuzione” del software e dunque la GPL da sola verrebbe tradita.

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    Accettazione

    Molto rumore si è levato circa il fatto che alcuni sviluppatori, tra i quali Linus Torvalds, il primo creatore del kernel Linux, abbiano dichiarato di non voler accettare la migrazione alla versione 3 e che rimarranno alla versione 2. Si è visto in ciò la possibilità di una frammentazione del Software Libero in due rami.

    In realtà ciò non è del tutto vero. Linux è un chiaro esempio, in quanto parte fondamentale di un sistema modulare (GNU/Linux) che ospita software sotto varie licenze, dalla GPL alla LGPL, dalla MIT/BSD alla Apache, dalla MPL a prodotti proprietari. Questo perché, contrariamente a quanto si pensi, non esiste nessun effetto “propagativo” (alcuni dicono spregiativamente “virale”) della GPL o delle altre licenze di Software Libero. Niente impedisce a un programma soggetto a una licenza di funzionare invocando le funzioni di un altro programma, purché rimangano prodotti distinti. Il fatto che siano distribuiti in una stessa scatola non cambia nulla.

    È alquanto presto per dire quanti progetti migreranno. Alcuni hanno già dichiarato che passeranno alla GPL v.3, tra questi mi fa piacere annoverare gli amici di Samba. Anche Sun Microsystems ha espresso l’intenzione di utilizzare la versione 3 per il rilascio dei suoi prodotti, il che potrebbe comprendere addirittura Solaris, col che si potrebbe avere un sistema GNU/Solaris completamente o quasi sotto la nuova licenza anche senza il consenso della comunità di Linux.

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    Conclusioni

    Con la terza versione della GPL il mondo degli sviluppatori di software libero hanno certamente un’arma in più a tutela della scelta operata. Nessuno può costringere nessuno ad adottarla, né ciò sarebbe tollerabile. In alcuni casi i progetti semplicemente non potranno migrare per impossibilità oggettive, dovute al fatto che – vista l’incompatibilità delle due versioni – non sarà possibile limitare la migrazione a un pezzo del progetto. Altrove la migrazione sarà impedita dalla volontà contraria di tutti o di parte degli sviluppatori.

    In ogni caso l’indicazione è stata data ed è presumibile che una larga fetta dei programmi esistenti, e la più parte dei progetti nuovi, migreranno. La superiorità tecnico-giuridica della versione 3 della GPL rispetto alla precedente è tale da rimuovere ogni remora che non sia dovuta alle difficoltà insite nella migrazione. E comunque ora il Software Libero ha una nuova, potente, freccia al suo arco.

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