Scrivo alla vigilia di uno sciopero (astensione dalle udienze) indetto dagli Avvocati per protestare contro una legislazione che favorisce la concorrenza, la quale interviene in modo scomposto, ma a mio parere sostanzialmente nella giusta direzione, sui servizi legali. Ma se si parla di concorrenza nei servizi professionali, ci sarebbe una modifica a costo zero o quasi, che consentirebbe l’aggregazione di professionisti su base non associativa, l’Associazione Temporanea tra Professionisti.

È un’idea che mi frulla da un po' in testa, e che nasce dall’esperienza fallimentare della STP (Società Tra Professionisti), una specie di SNC che ha semplicemente fallito. Recentemente il precedente Governo è intervenuto riformando ancora la STP, consentendo di adottare una qualsiasi forma societaria (anche SPA o cooperativa). Ma nessuno si è posto il problema di chi vuole rimanere indipendente, ma nel contempo collaborare con altri professionisti su base non stabile e non esclusiva, cosa che gli Avvocati italiani (io per primo) fanno sovente, salvo incorrere in notevoli inconvenienti operativi e fiscali.

Lo spunto per una prima formalizzazione mi è stato dato da un post su G+ di Tiziano Solignani sul perché non intende aderire allo sciopero. Condivido quanto dallo stesso affermato. In un commento ho scritto:

  <blockquote>

Sono d’accordo in modo molto prossimo al 100%. Una cosa che il Governo poteva fare (a parte imparare una buona volta a scrivere le leggi con il cervello invece che con il C—0), e che sarebbe costata 0 non è stata fatta. Sarebbe andata a complemento della pur lodevole iniziativa di abolire finalmente l’anacronistica limitazione della legge del ‘39 e superare l’inutile riforma della STP (un fallimento totale).

Consentire di creare “ATP”, associazioni temporanee di professionisti, nelle quali gli avvocati (et simil.) si associano per una o più pratiche, senza esclusiva, con piena e illimitata responsabilità personale, trasparenza degli incarichi, ma con la possibilità di fatturare con un unico centro di costo e dividere il ricavato secondo criteri stabiliti di comune accordo tra i membri. Evitando così assurde conseguenze fiscali che invece mi impediscono di lavorare con giovani Colleghi e far accumulare loro esperienza. Ad esempio, il fatto di dover pagare due volte il 4% di previdenza (una volta quando fattura il primo, una seconda quando il secondo rifattura al primo) e il fatto che i compensi riconosciuti ai professionisti vanno negli studi di settore con un moltiplicatore assurdo.

  </blockquote>

È la prima volta che formalizzo in una qualsiasi forma l’idea. E penso che ci sia già tutto.

L’ATP (da non confondersi con quella del tennis) potrebbe ad esempio essere formata con un contratto sottoscritto volta per volta da tutti i professionisti coinvolti, essere aperta a nuove adesioni, condizionata alla verifica dei titoli di abilitazione professionale. Si potrebbe semplicemente iniziare con una dichiarazione di inizio di attività all’Agenzia delle Entrate, via Web. Questa darebbe un numero identificativo da usarsi obbligatoriamente come riferimento per chiunque volesse saperne di più. Potrebbe avere anche un marchio di servizio.

L’ATP fatturerebbe direttamente il lavoro svolto dai singoli membri su ciascuna pratica, con la partita IVA di uno dei membri. Ma il reddito prodotto non andrebbe nel reddito di quest’ultimo, ma in un fondo virtuale a parte, da destinarsi secondo gli accordi ad essere diviso tra i membri che hanno operato. Andrebbe poi contabilizzato pro quota a seconda della divisione operata. Il contributo previdenziale avrebbe la stessa sorte (questo non è diverso da quanto avviene per le associazioni professionali).

Le fatture potrebbero essere registrate nell’account presso l’Agenzia Entrate, e nel medesimo andrebbero dunque registrati i numeri di fattura e i codici fiscali corrispondenti alla suddivisione, compresa l’autofattura del mandante. Questo consentirebbe di imputare la ritenuta d’acconto pro quota (l’ATP non dovrebbe così presentare il modello 770, né il modello Unico).

Stessa procedura per la cancellazione: un semplice modulo via web.

I vantaggi sono evidenti: un centro unico di fatturazione per il cliente. Trasparenza dell’imputazione fiscale. Non si crea fatturato inesistente (“tassato” al 4% anche se non corrispondente a un reddito e soggetto a doppio carico in caso di rifatturazione “semplice”). Non si sballano gli studi di settore. E si facilita così l’aggregazione tra professionisti indipendenti, facilitando l’accesso a incarichi che richiedono o molto lavoro o competenze diverse, consentendo l’accumulo di esperienza anche a chi è più giovane, dotato di meno contatti, meno incline al marketing di se stesso, magari senza una sede prestigiosa o un nome altisonante, ma capace e competente.

Tutto ciò senza i costi di struttura e di transazione di un’associazione professionale, o peggio, di una società. Senza i vincoli di esclusiva. Senza i vincoli di ripartizione degli utili (presunti) sulla base di un apporto (futuro e difficile da valutare).

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