Dal 1 settembre è in vigore la Legge 27 luglio 2011, n. 128 “Nuova disciplina del prezzo dei libri” (G.U. n. 181 del 5 agosto 2011) la quale fissa uno sconto massimo del 15% sul prezzo di copertina dei libri, tranne alcune eccezioni (come quella dei libri usati o fuori catalogo). Una legge con tanti buchi, fatta da un legislatore ormai staccato dalla realtà.

La finalità della legge è

  <blockquote>

contribuire allo sviluppo del settore librario, al sostegno della creatività letteraria, alla promozione del libro e della lettura, alla diffusione della cultura, alla tutela del pluralismo dell’informazione

  </blockquote>

ma in realtà è una legge dannosa, che non favorisce la diffusione dei libri (da quando aumentare il prezzo e ridurre la concorrenza nella distribuzione favorisce l’accesso del pubblico a un bene?), ma soprattutto facilmente aggirabile.

La legge si propone evidentemente di tutelare le librerie (soprattutto quelle piccole) dagli sconti iperaggressivi delle grandi catene, evidentemente anche quelle di commercio elettronico (Amazon, per intenderci). Avete mai visto il film “C’è posta per te”? Ecco, quel tipo di battaglia. Limtando gli sconti, si pensa, la libreria di quartiere non dovrà svenarsi e poi chiudere perché da lei i libri costano di più che alla Coop. Ma allora, uno pensa, è una tutela non del libro, ma di una forma di distribuzione particolarmente inefficiente? In realtà non è nemmeno così.

Se uno ha due — ma proprio due — rudimenti di economia comprende che:

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  • Le grandi catene fanno sconti, ma tengono al margine;
  • Le grandi catene hanno un potere d'acquisto sugli editori che le librerie non hanno;
  • Le grandi catene sono in grado si scaricare gran parte del costo dello sconto sugli editori, fino ad erodere il loro margine;
  • Impedendo gli sconti, l'editore ottiene un livellamento verso l'alto dei costi, meno pressione sul prezzo e in definitiva scarica sul consumatore finale il costo di tale inefficienza mantenuta.
  • In tutto ciò, gli autori non vedono un centesimo in più o in meno delle proprie royalty, perché  la loro percentuale non cambia. È un po' difficile vedere come in tutto questo si possa “aumentare la creatività letteraria”, se non attraverso dubbi meccanismi di feedback.

    Ma veniamo alla parte più stupida. La legge si applica anche al commercio elettronico. Giusto, è inutile chiudere una porta e aprire un portone. Peccato che il commercio elettronico è per sua definizione a-territoriale e sussiste un principio di libera prestazione dei servizi e di libera circolazione delle merci. Se pur l’Italia può stabilire (anche se su questo possiamo avere dei dubbi) una politica degli sconti, e dunque una politica dei prezzi sostanzialmente imposti dall’editore (!), questa non può affatto essere imposta a un operatore che se ne sta in Olanda e che offre lo stesso bene (un libro italiano) in Italia e in Germania: il  prezzo deve essere lo stesso. Il contrario sarebbe sicuramente contrario alle norme dei Trattati. Per cui un operatore italiano può essere soggetto a sanzioni per comportamenti che un operatore olandese non subisce.

    Uno Stato che consapevolmente danneggia e discrimina i propri operatori a vantaggio di quelli esteri. Qualcuno non percepisce la stupidità della situazione?

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